LADINIA, CORVARA
Già guardandola da fuori si capisce che questa locanda alpina ha qualcosa di speciale. Non si palesa con chissà quali effetti, non mostra particolari fregi architettonici: è la sua essenza semplice, sobria, candida a colpire. Sembra una casa d’altri tempi. Ed entrando, la sensazione è più che confermata. Innanzitutto il legno, che riveste le pareti e scricchiola sotto i piedi. E poi le tendine che incorniciano le finestre, e gli arredi, le suppellettili, il calore, l’intimità che coinvolge anche le persone. L’atmosfera è unica, perché riporta indietro, a quel mondo del c’era una volta, e sembra di ascoltare delle voci che sussurrano alle orecchie frasi dolci come il miele dell’infanzia. È la voce di Cesco e dei suoi amici che d’inverno, con le prime luci dell’alba, partivano alla volta di Cortina con gli sci ai piedi per tornarsene a notte fonda.
Sono tredici le stanze, tutte foderate di legno. C’è il ristorante che sforna piatti ladini in salsa alpina. C’è il bar che al mercoledì suona musica dal vivo. Ci sono le stagioni lunghe, perché il Ladinia è il primo ristoro ad aprire e l’ultimo a chiudere. In inverno e d’estate. Così è possibile assaporare perfino il gusto dell’autunno e godersi lo spettacolo dei larici che si fanno gialli, rossi e arancioni. Ed è un attimo ritrovarsi a canticchiare un vecchio motivetto della splendida Milva, cantante e attrice che tanto amava Brecht e Streler, e si divertiva pure con le canzonette: Cos’è cos’è che fa andare la filanda è chiara la faccenda sono quelle come me… E, parafrasando la canzone, a far andare la locanda è quell’idea di tempo che supera le barriere del tempo stesso per trasformarsi in fiaba o in un sogno incantato.